Chiarimenti sull’applicazione degli articoli 9, 9bis e 9ter del Regolamento Edilizio Comunale nel testo vigente ed efficace dal 1° agosto 2005

Chiarimenti sull’applicazione degli articoli 9, 9bis e 9ter del Regolamento Edilizio
Comunale nel testo vigente ed efficace dal 1° agosto 2005 – (Variante Urbanistica ai sensi
dell’art. 50, comma 4, lett. L), della L.R. n° 61/85 e successive modifiche ed integrazioni –
Adozione con deliberazione consiliare n° 14 del 25.05.2005 – Approvazione con deliberazione
consiliare n° 36 del 31.05.2005) – Fattispecie che non costituiscono attività edilizia.

Nelle more della predisposizione del prontuario dell’edilizia di cui all’art. 1, comma 5 del REC, al
fine di garantire la trasparenza dell’azione amministrativa nonché di garantire l’uniforme
applicazione delle norme del regolamento edilizio si ritiene necessario fornire alcuni chiarimenti
sull’applicazione degli articoli 9, 9 bis e 9 ter del regolamento stesso, nel testo efficace dal 1°
agosto 2005.
Si forniscono inoltre alcuni chiarimenti in relazione a fattispecie ricorrenti che non costituiscono
attività edilizia.
Art. 9 – Attività edilizia libera
Nell’applicazione di tale articolo occorre fare riferimento all’art. 6 del D.P.R. 06.06.2001, n° 380.
La norma riguarda attività edilizie in senso proprio, che possono essere realizzate in assenza di
titolo abilitativo edilizio ( permesso di costruire o denuncia di inizio attività), ferme restando le
ulteriori forme di controllo sull’attività edificatoria previste dalla normativa tecnica e da quella
paesistica e storico-artistica.
Si tratta delle seguenti fattispecie:
a) interventi di manutenzione ordinaria;
b) interventi volti all’eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la
realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma
dell’edificio;
c) opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o
siano eseguite in aree esterne al centro edificato.
L’attività edilizia libera resta comunque sottoposta alla vigilanza della pubblica amministrazione al
fine di verificare se quanto attuato in concreto dal privato sia effettivamente riconducibile alle
categorie di interventi tipizzate dall’articolo in commento: in caso contrario, restano applicabili i
poteri sanzionatori e repressivi coerenti con la reale natura e consistenza di quanto realizzato.
Si precisa inoltre che tale norma lascia spazio a futuri interventi del legislatore regionale, che
potranno avere unicamente l’effetto di ridurre gli ambiti dell’attività libera.; la norma consente
anche ai comuni in sede di pianificazione del territorio di ridurre l’area dell’attività edilizia libera.
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Fattispecie che non costituiscono attività edilizia
Rimangono estranee all’applicazione dell’art 9 del REC, né sono soggette all’ottenimento di titolo
abilitativo edilizio, le attività che, pur avendo attitudine ad incidere in senso modificativo sul
territorio, non si sostanziano in un’attività edilizia in senso proprio.
A titolo esemplificativo si riportano alcune fattispecie ricorrenti che si ritiene non costituiscano
attività edilizia :
1) opere ed attività corrispondenti allo sfruttamento agricolo del fondo e alla silvicoltura;
2) opere provvisionali di cantiere (strade in terra battuta, baracche, rampe, etc), se a servizio di
interventi regolarmente assentiti;
3) recinzioni del fondo con paletti conficcati nel terreno filo di ferro o rete metallica, aventi
altezza modesta: secondo la giurisprudenza amministrativa prevalente la recinzione del
fondo si configura come facoltà derivante dalla titolarità del diritto di proprietà esercitabile
liberamente, almeno nei casi in cui il manufatto non abbia notevoli dimensioni;
4) tende esterne di modeste dimensioni : si precisa che in base alle norme del Piano Colore,
allegato al vigente P.R.G., art. 9.10 “ sono soggetti ad autorizzazione edilizia gli interventi
di sostituzione, modificazione, nuova realizzazione di tende”: pertanto nelle zone interessate
dal piano colore (Centro storico della città) è necessario l’ottenimento di un titolo abilitativo
edilizio, ritenendosi sufficiente una D.I.A (art. 22, comma 1 D.P.R. n° 380/01);
5) arredi esterni di modeste dimensioni, da collocare sulle aree di pertinenza dei fabbricati,
quali panchine, fontanelle, barbecue, giochi per bambini, pavimentazioni e cordoli per la
delimitazione dei percorsi;
6) gazebi e pergolati non stabilmente coperti e di non rilevanti dimensioni;
7) abbattimento di alberi, purchè non compresi in parchi o giardini ornamentali espressamente
tutelati dal piano regolatore generale, fatta salva l’osservanza delle norme forestali vigenti.
La giurisprudenza ha più volte sottolineato che non spetta al Comune, quale autorità
competente in materia urbanistico-edilizia, il potere di autorizzare il taglio dei boschi o degli
alberi. E’ necessario un titolo abilitativo edilizio solo nel caso in cui il taglio delle piante è
accompagnato da costruzioni edilizie o da altre opere civili, quali sbancamenti o
livellamenti;
Art. 9 bis – Opere temporanee (cd. precari)
Anche le opere temporanee (cd. precari), disciplinate dal nuovo art. 9 bis del REC ( v. anche art. 32
bis, comma 2 REC in riferimento alla sanzione per mancata o ritardata comunicazione) non
costituiscono attività edilizia in quanto dirette a soddisfare giustificate esigenze meramente
temporanee.
Nell’applicazione dell’articolo in esame è necessario fare riferimento a contrario all’art. 3, comma
1, lett. e.5) del D.P.R. n° 380/01, il quale, recependo una consolidata elaborazione
giurisprudenziale, ricomprende tra gli interventi di nuova costruzione anche “l’installazione di
manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers,
case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come
depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee”.
La temporaneità non può essere desunta dalla soggettiva destinazione dell’opera data dal costruttore
ma deve collegarsi ad un uso realmente precario e temporaneo, per fini specifici e cronologicamente
delimitabili.
La temporaneità o precarietà di un manufatto prescinde dalle sue caratteristiche costruttive o dal
sistema di fissazione al suolo e discende unicamente dall’uso a cui è destinato; non è opera precaria
la costruzione destinata a dare un’utilità prolungata nel tempo, indipendemente dalla facilità della
sua rimozione. La giurisprudenza ha chiarito inoltre che la temporaneità o precarietà non va confusa
con il carattere stagionale dell’utilizzazione del manufatto.
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Nel caso di tettoie per il ricovero di macchine agricole durante l’inverno con carattere di
stagionalità e ripetitività, non vi è il requisito della temporaneità ( Cass. Pen, sez. III, 26 marzo
1983); serre e silos ( Cass. pen, sez. III, 8 febbraio 1983), palloni presso statici, bungalow e cabine
balneari ( Cass. pen., sez. III, 3 marzo 1982) non sono in linea di massima precari, mentre lo sono le
costruzioni eseguite per il ricovero di persone e attrezzi nel cantiere (Cass., sez. III, 26 marzo 1983);
occorre il titolo edilizio per realizzare una gradinata teatrale prefabbricata, destinata ad ospitare per
un mese spettacoli teatrali per essere smontata e rimontata ogni anno ( Cass. pen., sez. III, 12
maggio 2003).
Art. 9 ter – Pertinenze urbanistiche
Nell’applicazione di tale articolo occorre fare riferimento all’art. 3, comma 1, lett. e.6) del D.P.R.
n° 380/2001, in base al quale sono assoggettati a permesso di costruire gli interventi pertinenziali:
– che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio
principale;
– ovvero che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione ed al
pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova
costruzione.
In tutti gli altri casi gli interventi pertinenziali sono subordinati a mera denuncia di inizio attività
( art. 22, comma 1 D.P.R. n° 380/01), con i conseguenti riflessi sul piano sanzionatorio.
La realizzazione delle opere pertinenziali è pertanto subordinata alla conformità agli strumenti
urbanistici oltrechè al rispetto della normativa avente incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia
ad esempio in materia ambientale, igienico-sanitaria, strutturale.
Nella normativa urbanistico edilizia antecedente al D.P.R. n° 380/01, la nozione di pertinenza aveva
talvolta dato luogo a difficoltà interpretative, risultando comunque acquisita dalla giurisprudenza
amministrativa una nozione di pertinenza più ristretta di quella dettata dal diritto civile.
Il legislatore del Testo Unico dell’Edilizia è intervenuto innovativamente sulla nozione di
pertinenza, ponendo termine alle incertezze che la caratterizzavano, ed ha dettato una disciplina
delle pertinenze ancorata a dati obiettivamente verificabili ( in tal senso T.A.R. Piemonte, Sez. I, 22
giungo 2005, n° 2310): in particolare, come già riportato e come si evince dall’art. 3, comma 1, lett.
e.6) del D.P.R. n° 380/01, la categoria degli interventi di nuova costruzione che richiedono il
permesso di costruire è stata circoscritta alle opere pertinenziali che comportano la realizzazione di
un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale.
La qualificazione di un’intervento edilizio quale pertinenza urbanistica, seppure collegata a
valutazioni di tipo volumetrico per stabilire il titolo edilizio necessario per la realizzazione, deve in
ogni caso riferirsi al concetto di pertinenza in senso urbanistico elaborato dalla vasta giurisprudenza
esistente, in base alla quale affinché si abbia pertinenza urbanistica deve trattarsi di un’opera che
abbia una propria individualità fisica e una propria conformazione strutturale e che sia preordinata
ad un’oggettiva esigenza dell’edificio principale, funzionalmente ed oggettivamente inserita al
servizio dello stesso, sfornita di un autonomo valore di mercato, con una sua destinazione
autonoma e diversa da quella a servizio dell’immobile cui accede.
Le valutazioni di tipo volumetrico devono essere effettuate con riferimento ai parametri vigenti nel
Comune al momento della richiesta di titolo abilitativo edilizio o al momento dell’accertamento di
un eventuale abuso edilizio.
Secondo la giurispruenza, pertanto, un’opera, per essere qualificata come pertinenza, deve
possedere i seguenti requisiti (che devono sussistere tutti contemporaneamente ed avere carattere
oggettivo):
– deve preesistere una costruzione principale ( e non semplicemente un terreno);
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– la costruzione principale deve essere già completa in sé: la pertinenza deve essere non
indispensabile, ma soltanto utile, altrimenti l’opera, come parte essenziale dell’edificio
principale, ne seguirebbe la disciplina;
– l’opera deve essere autonoma e dotata di propria individualità;
– deve esaurire la propria destinazione d’uso nel rapporto funzionale con l’edificio principale;
deve cioè essere oggettivamente, logicamente ed economicamente non utilizzabile se non
per il servizio della costruzione principale;
– le dimensioni devono essere molto contenute, sia in assoluto sia in relazione a quelle
dell’edificio principale, proporzionate rispetto a quelle della costruzione principale: nel caso
di volume inferiore al 20% di quello principale , possono essere realizzate con D.I.A.;
– l’ubicazione deve essere tale da rendere evidente la funzione di servizio esclusivo;
– non deve avere un autonomo valore di mercato;
– non deve determinare carico urbanistico.
Si rinviene in dottrina e in giurisprudenza l’affermazione che l’opera pertinenziale deve essere posta
al servizio di edifici già esistenti e legittimamente realizzati (V. Mazzarelli, Diritto dell’Edilizia,
Giappichelli Editore, 2004, p.82; Cons. St., sez. V, 18 marzo 1998, n° 315).
A titolo esemplificativo possono essere qualificate come pertinenze, sussistendone i requisiti,
fattispecie quali depositi attrezzi, legnaie, casette prefabbricate, tettoie, autorimesse.
Si dispone che la presente disposizione sia resa pubblica, ai sensi dell’art. 1, comma 6 del REC,
anche tramite pubblicazione nel sito internet https://edilizia.comune.belluno.it.

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